MIMMO CANDITO AI MARTEDI’ LETTERARI
Mimmo Candito ai Martedì Letterari
Il 2 febbraio ore 16.30 Teatro dell’Opera del Casinò di Sanremo
presenta il libro:” 55 Vasche. Le Guerre, il cancro e quella forza dentro”. (Rizzoli)
Il 2 febbraio nel Teatro dell’Opera del Casinò di Sanremo alle ore 16.30 Mimmo Candito presenta il libro:” 55 vasche . Le Guerre, il Cancro e quella forza dentro” ( Rizzoli) . Partecipa il Dott. Matteo Moraglia. Intervento musicale della Scuola Ottorino Respighi.L’incontro è stato inserito nel piano di Formazione dell’Ordine dei Giornalisti.
(dall’introduzione al libro).
Non basta aver visto mille volte la morte da vicino, brutale e vigliacca come può essere solo nelle guerre che non risparmiano i civili: bambini, donne, indifesi. Non basta a placare lo sgomento quando ti senti dire che hai un cancro al polmone, speranze di sopravvivenza 0,0. Non basta a Mimmo Cándito, inviato per decenni sui fronti più caldi del pianeta, dall’Afghanistan al Libano. Non basta, eppure aiuta a chiamare per nome la paura, a resistere al dolore. Così come non basta eppure aiuta l’amore per lo sport che Cándito ha sempre avuto, lui che da ragazzo è stato vicecampione juniores di sciabola e pivot in una squadra di pallacanestro che è stata Nazionale italiana all’estero. E soprattutto queste due esperienze – in guerra e come atleta – aiutano a guardarsi dentro per andare a scovare quelle energie nascoste che permettono di affrontare a testa alta la battaglia per la propria vita, per le persone che si amano. 55 vasche è un memoir da pelle d’oca in cui Cándito, con una penna nobile ed emozionante, racconta la sua lotta contro la malattia, intrecciandola con i ricordi toccanti di trent’anni da inviato. E spiega perché, e come, davanti al tumore abbia scelto di essere combattente e non condannato. In un libro che è un inno alla vita, e può spronare ciascuno di noi.
Mimmo Candito
giornalista, scrittore e docente universitario di Linguaggio giornalistico, firma per «La Stampa» dal 1970. Corrispondente di guerra in Iraq, Medio Oriente, Asia, Africa e Sudamerica, ha seguito, fra l’altro, l’invasione sovietica dell’Afghanistan, la guerra Iran-Iraq, le due guerre del Golfo e quella di Libia. È il direttore della rivista dedicata ai libri «L’Indice». Fra i suoi libri, ricordiamo Professione reporter di guerra (Baldini&Castoldi, 2000), L’apocalisse Saddam (Baldini&Castoldi, 2002), I reporter di guerra (Dalai, 2002). Il 31 maggio 2015 ha pubblicato su «La Stampa» l’articolo Io, inviato sul fronte di guerra al cancro ricevendo in poche ore oltre 40.000 messaggi di risposta.
Da La Stampa
Sto bene. Ma ho un tumore nel polmone. Sì, ho un tumore al polmone destro. Punto. Non credo proprio che sia una notizia d’interesse (tranne che per me, naturalmente), eppure voglio parlarne, e parlarne pubblicamente. Ma, questo, per scuotere i tanti che – appena io dico «mi hanno trovato un tumore» – fanno doverosamente la faccia di circostanza, e abbassano il volume, e il tono, delle loro parole. Come si fa tra persone sensibili quando si parla a un morto, anche se è un morto che cammina.
La diagnosi
Parto da lontano, alcuni anni fa. Erano più o meno questi giorni, e stavo a Miami; seguivo per la «Stampa» la storia dei cubani esiliati e i loro sentimenti verso l’isola che avevano dovuto abbandonare. Insomma, scrivevo al computer: le interviste, gli incontri, le facce, le storie, e però, quando mi piegavo verso il pc e la tastiera, provavo subito un forte dolore, dietro, tra nuca e spalle. Sarà la cervicale, pensavo. Andai in ospedale, da una mia amica medica di laggiù.
Mi portò da un suo collega, il quale confermò la mia supposizione. «Facciamo comunque una piccola radiografia, per valutare lo schiacciamento delle vertebre».
Quando, dopo, fissò la lastra sullo schermo, controluce, fece però una brutta faccia. E stette zitto.
Per trent’anni, allora, il mio lavoro di corrispondente di guerra mi aveva portato a camminare con occhi angosciati lungo i passi della morte, dentro guerre combattute nella verità nuda di chi ammazza o è ammazzato, tra teste squarciate e pance aperte, gambe mozzate, banchetti di mosche sulle budella ingrigite dal sole, e merda e macerie dovunque. Non poteva certo impressionarmi una vaga idea della morte sospesa nel lindore della cameretta sterile e ben in ordine d’un ospedale americano. Per questo ero sereno, quando dissi: «Com’è serio, dottore. C’è qualche brutta storia?».
Mi guardò un attimo, poi indicò un punto della lastra, che inquadrava il collo e la parte alta del torace. «Questa macchia biancastra, qui, vede, non dovrebbe esserci. Non lo so davvero, però potrebbe anche essere un tumore».
In America vanno giù diretti; il medico ti spiffera subito tutto, senza reticenze né giri di parole, per evitare poi vertenze legali e i milioni di dollari che magari gli toccherebbe pagare per danni («Eh, se me lo diceva subito…»). Mi guardò molto serio, e scosse la testa. «Potrebbe essere».
La prevenzione
(Prima considerazione) Il tumore, spesso non sai d’averlo. Ci convivi, lui ti lavora dentro, e quando, alla fine, magari per un qualche accidente che non c’entra nulla, i medici lo scoprono, è ormai troppo tardi. La prevenzione, oggi lo sappiamo, diventa un atto fondamentale.
L’ospedale era il «Mount Sinai», un ospedale privato. Mi chiesero se avessi la carta di credito. Certo, ce l’ho, e in pochi minuti mi ritrovai su una barella; veloci, mi portarono per il corridoio a fare una Tac. Poi, mi lasciarono nel lettino d’una cameretta, improvvisamente da solo, la luce abbagliante della Florida nel cielo della finestra. Ero arrivato all’ospedale per un banale controllo, le braghe corte, la t-shirt, le espadrillas; e ora dovevo chiedermi se stavo per morire.
(Seconda riflessione) Come ci si comporta? mi chiedevo. Se muori in guerra, non hai domande da fare. Ma se invece ti vengono a dire che devi morire, e ti lasciano lì che nemmeno sai ancora se però sia vero o no, che si fa? E alla moglie, come lo si comunica?
Imbarazzo serio. Ma anche (Terza riflessione): hanno detto che «pare» che sia un tumore, e però, per te e per tutti, «tumore» significa che sei morto, che cammini e pensi e ti agiti e fuori c’è il sole, ma però sei già morto.”
(Mimmo Candito )
Il prossimo appuntamento con i Martedì Letterari è per l’8, 9 , 10 febbraio con il Festival della legalità e delle idee”, realizzato in collaborazione con i magistrati Dott. sa Grazia Pradella e dott. Roberto Cavallone e con Centro Peppino e Felicia Impastato di Sanremo, presidente Claudio Porchia, collaborazione con Coordinamento Nazionale Radio “Rete 100 passi”, presidente Danilo Sulis, il Liceo G.D. Cassini, il Liceo Amoretti, scuola Cavour di Ventimiglia e le scuole del comprensorio.
L’8 febbraio alle ore 15.30 Gherardo Colombo presenta il libro:” Lettera a un figlio su Mani Pulite”.
La redazione