Lettera aThomas Hanbury
Seconda lettera a Thomas Hanbury dai suoi Giardini Botanici(Mauro Mariotti, Presidente del Centro universitario di servizi Giardini Botanici Hanbury)
Caro Thomas, desidero scriverti anche quest’anno una lettera, ma oggi, 9 marzo 2012, la indirizzo a tutti e due: a te e a Katherine, tua moglie che ti è sempre stata vicina. Scrivo a voi, alla vostra famiglia, perché anche noi, qui, siamo come una famiglia, che si prende cura dei tuoi Giardini, e soprattutto perché in questo momento tante vere famiglie sono preoccupate. I più anziani temono per i figli e i nipoti; si tratta di una preoccupazione seria, soprattutto per il lavoro, il lavoro che manca, il lavoro che non c’è. Cari Thomas e Katherine, parlo di lavoro onesto, di lavoro retribuito con la giusta mercede, che contribuisce a far crescere l’animo umano, quella mercede per la quale si commette un peccato che grida vendetta al cielo se non la si corrisponde. Non parlo di quello prestato gratuitamente pur in condizioni di necessità, svilito da un riconoscimento solo virtuale, accettabile per un breve momento iniziale, ma non quando si protrae per anni. Parlo di lavoro onesto e nobile, non di lavoro nero o criminale, che purtroppo continua a infestare la nostra società come la zizzania.La vostra famiglia ha avuto il privilegio di non avere questa preoccupazione, un privilegio conquistato onestamente, con un impegno che si è protratto in ogni momento per tutta la vostra vita. Un privilegio che la vostra famiglia ha voluto condividere con altre persone, con le famiglie della Mortola e dei dintorni che, quando avete conosciuto, avevano nulla o poco, salvo una vita di stenti. Grazie a una delle vostra imprese migliori – i Giardini Botanici Hanbury – avete dato lavoro a centinaia di braccianti, operai, giardinieri, collaboratori. Ancora oggi questi Giardini danno lavoro direttamente a alcune decine di persone, di cui una rappresentanza è qui a rendervi omaggio, ma questi Giardini coinvolgono diversi artigiani e piccole imprese locali contribuendo, con altri, allo sviluppo del territorio. Cerchiamo, nel possibile di imitare, quello che avete fatto anche voi, rivolgendovi alle maestranze locali. Negli ultimi due anni oltre una cinquantina sono state le ditte individuali, le imprese, le società cooperative a cui sono stati affidati lavori o servizi o che sono state coinvolte in forniture di materiali e attrezzature per importi che assommano a circa seicentomila Euro. Si tratta di imprese commerciali che operano principalmente nel settore dell’agricoltura, cooperative sociali che forniscono servizi nella manutenzione del verde o nel settore turistico, ditte specializzate nei rami dell’edilizia, dell’impiantistica, del restauro, per gran parte con sede nel ponente ligure. Come esempio molto parziale degli interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria realizzati negli ultimi tempi ricordo il consolidamento di alcuni terrazzamenti, il restauro del Giardino dei Profumi, l’adeguamento dell’impianto antincendio, la ricostruzione del roseto, la bonifica e la riqualificazione ambientale della parte occidentale, percorsa dal fuoco nel 2007, gli interventi su alberi di grandi dimensioni, la messa in sicurezza di scarpateche sovrastano la ferrovia, la ricostruzione di tratti di muri sulla Via Julia Augusta, sulla scogliera Sud e sulla spiaggia.Tutto questo è opera di uomini e donne che lavorano in silenzio con serietà e massima attenzione al rispetto delle regole. Sovente è lavoro che non si vede. Sfugge agli estranei quasi tutto il lavoro svolto dal personale tecnico e amministrativo per avere la massima garanzia sulla regolarità dei fornitori, per rispettare il più possibile impegni e scadenze, per controllare la qualità dell’opera prestata, per garantire la sicurezza sul lavoro e per i visitatori. Da quasi un anno sfugge ai più il lavoro che i giardinieri sono costretti a ripetere per riparare ai gravi danni causati dai cinghiali. Questi animali distruggono ogni notte ampi settori dei Giardini, devastano le collezioni e i muri a secco, divelgono l’impianto idraulico. Ogni giorno i giardinieri ricominciano da capo il loro lavoro, ma verrà il momento che non sarà più possibile, perché le condizioni avranno superato il limite. Non possiamo neppure realizzare le piantagioni programmate perché tuberi, bulbi e giovani piantine sono le più appetite. La stima dei danni è arrivata a circa centomila Euro.Quante difficoltà! Quante poche risorse! Quanto lavoro! Quanta passione!Sono quasi trent’anni che l’Università ha un ruolo essenziale nella gestione di questo centro di cultura rappresentato dai Giardini Botanici che tu, Thomas, hai ideato e realizzato con l‘aiuto di tuo fratelloDaniel. È un ruolo svolto sia per le attività di studio e ricerca sia per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio pubblico. Il quadro normativo e le finalità “istituzionali” della concessione non consentono di sviluppare al meglio quello che sarebbe auspicabile. Il limite degli scopi “istituzionali” intesi in un senso molto restrittivo (che non considera adeguatamente il ruolo dell’Ateneo per lo sviluppo complessivo del territorio) e l’esclusione dalla concessione di spazi limitati, ma importanti, quali la zona ristoro (dov’era la vostra antica lavanderia) e il piano terreno del palazzo, spazi essenziali per esposizioni ed eventi, impediscono l’integrazione delle attuali risorse con quelle ricavabili da normali attività e iniziative (bookshop, caffetteria, spazi per eventi pubblici o privati, ecc.) che si osservano in quasi tutti i centri culturali più moderni. Se potessimo avviare queste attività e avere una parte di quelle risorse potremmo sviluppare ancor più le nostre azioni a favore dei Giardini e incrementare le occasioni di lavoro.Cari Thomas e Katherine, qualche mese fa abbiamo siglato due convenzioni di un certo significato. Nell’anno internazionale delle cooperative, un accordo è stato firmato con una cooperativa sociale che mette al centro della propria missione il servizio per giovani svantaggiati; insieme collaboreremo per la valorizzazione di quei prodotti dei Giardini che andrebbero persi inutilmente. È bello vedere il sorriso di quei giovani che colgono le arance amare.La seconda convenzione è con un’azienda di apicoltura grazie alla quale disponiamo ora di una trentina di arnie. Stiamo studiando la biologia fiorale e l’importante apporto che questi insetti sociali forniscono alla riproduzione delle numerose specie esotiche qui acclimatate. Anche tu, Thomas, prestasti molta attenzione alle relazioni fra piante e insetti, andando a ricercarli nei paesi d’origine più lontani pur di favorire la riproduzione delle amate piante. Le api richiamano ancora una volta il lavoro. Prima del grande freddo, sciami di api operaie hanno bottinato i fiori dorati dell’Acacia hanburyana. Sono api di Padre Adam: appartengono a una razza docile e per nulla aggressiva con l’uomo e hanno avuto origine nell’Abbazia di Buckfast, nella tua amata Inghilterra. Le api e il loro lavoro ci ricordano la natura con cui sempre hai cercato di trovare un equilibrio armonico.Già nella mia lettera dello scorso anno avevo fatto cenno a problemi globali che riguardano la conservazione del nostro amato pianeta e in particolare delle foreste. Da qualche anno penso di realizzare un nuovo settore dedicato alla flora dei paesi centro-sudamericani. Sono paesi con una biodiversità elevatissima di cui tutti noi portiamo la responsabilità. Prima di congedarci, vi chiedo perciò un piccolo favore, concedetemi questa occasione per dar voce a una iniziativa che proviene da uno di quei paesi, l’Ecuador: una iniziativa che va controcorrente rispetto alle tendenze più spinte di sfruttamento delle risorse. I Giardini Botanici Hanbury sono diventati dal 2000 un’Area Protetta e questa iniziativa riguarda un’altra area protetta, più vasta e ancor più ricca di biodiversità: il Parco Nazionale Yasuní, nell’alto bacino del Rio delle Amazzoni. L’area si estende per 928 mila ettari; vi sono oltre duemila specie di alberi e arbusti con una media di 655 specie per ettaro; il numero di insetti per ogni ettaro è stimato in centomila specie: un vero scrigno della diversità dei viventi. Ma nel sottosuolo hanno trovato un giacimento di 920 milioni barili di petrolio, il cui sfruttamento distruggerebbe certamente questo patrimonio, ancora per gran parte sconosciuto. Per fortuna qualcuno in Ecuador ha avuto una piccola, ma importante e rivoluzionaria idea: rinunciare per sempre a sfruttare il petrolio chiedendo alla cooperazione internazionale (in particolare ai paesi sviluppati che hanno firmato un protocollo a Kioto) di contribuire a indennizzare almeno parzialmente il paese per questa rinuncia, una rinuncia che, considerando il ruolo planetario della foresta amazzonica è a favore dell’intera umanità. Si tratta di circa sette miliardi di dollari, una cifra che pare enorme, ma che suddivisa fra una trentina di paesi e per tredici anni, è economicamente sostenibile. Il contributo dell’Italia corrisponde all’equivalente di una ventina di piccole ville sulla Riviera. Ne vale la pena!Scusatemi se ho divagato, ma credo che anche Voi avreste preso a cuore questa iniziativa, perché se foste ancora qui avreste visto come l’uomo sta trattando la Natura, come proceda sempre più celermente con le devastazioni, distruggendo sconfinate superfici di foresta, non solo in Sud America (ben 198 mila ettari ogni anno), ma anche in Africa e in Asia, compresa la Cina che tu, Thomas, hai amato tanto. E i Giardini Botanici Hanbury non possono che essere in prima fila in queste iniziative.Ho già parlato tanto, ma parlare con voi ogni anno è un piacere. Arrivederci.